I vini della Savoia - Vinarte

Bacco giramondo – Dalle sponde del lago Lemano all’Alta Savoia per finire nella valle del fiume Isère

I vini del paese degli Allobrogi (la Savoia) furono celebrati da due autori latini: Plinio il Giovane (ca. 62 d.C.-114 d.C.) e Columella (I sec. d.C.). Anche il principe dei gourmet dell’antica Roma, Lucullo (106-57 a.C.) in un suo banchetto fece servire i vini di questa regione. Non per niente i vigneron savoyardi sono fieri di questi titoli che la storia conferisce ai loro vini. A conferma di questo, nel museo archeologico di Aix-les-Bains, potrete trovare un’iscrizione risalente al II sec. a.C., che prova il legame tra la viticoltura e la presenza di Roma sul territorio.

Intorno all’anno Mille sorsero nelle vallate alpine molti monasteri dove i monaci contribuirono a diffondere la viticoltura. Nel 1579 il Duca Emanuele Filiberto di Savoia stabilì un regolamento sui tempi e sulla modalità della vendemmia. Alla fine dell’Ottocento, la filossera (vedi articolo dell’11 marzo, «Azione» n° 11) decimò il patrimonio viticolo della Savoia, ma la ricostruzione avvenne in modo rapido con un sistema d’allevamento a pergola.

Intervallati da campi di cereali e di pascoli vallonati, i vigneti s’inerpicano su buona parte dei dipartimenti della Savoia, dell’Alta Savoia, dell’Isère e l’Ain. La città di Chambéry è il naturale centro della regione, che conta circa tremila ettari vitati. Al nord i vigneti arrivano quasi a lambire le rive del lago Lemano, specchiandosi da costoni a strapiombo sulle acque. Altri vigneti sono concentrati intorno al lago di Bourget e alla città di Aix-les-Bains, così come a sud di Chambéry nella valle del fiume Isère.

L’A.O.C. Vin de Savoie è dunque molto frazionata e include diciassette crus molto differenti tra loro, sia per importanza sia per caratteristiche organolettiche.

Da ultimo, ma certamente non ultimo, non dobbiamo dimenticare di fronte al villaggio di Seyssel, sulla riva del Rodano, il famoso vigneto di Bugey, classificato con il prestigioso marchio VDQS (Vino Delimitato di Qualità Superiore).

Le montagne portano inverni rigorosi e molta neve, gelate primaverili non sono infrequenti e anche la grandine può diventare una calamità, mentre le estati calde sono spesso molto umide. Tuttavia, il Lemano e il lago di Bourger, creano delle condizioni favorevoli alla viticoltura e i rilievi, accidentati da un versante all’altro, apportano differenti microclimi da un vigneto all’altro. I suoli della Savoia e del Bugey sono composti da calcare e argilla con una grossa mineralità, risultato di numerosi depositi glaciali.

Questa regione della Francia, che fu italiana fino al 1860, adotta un sistema di viticoltura che s’ispira di più alla Svizzera che al Piemonte.

I vini bianchi s’impongono largamente sui vini rossi. Le condizioni climatiche che abbiamo citato, aggiunte alle grandi escursioni termiche tra il giorno e la notte, hanno portato la gente del luogo a basare il loro lavoro in vigna su vitigni con un ciclo vegetativo breve. I vini della Savoia non posseggono grande personalità, ma sono molto piacevoli, soprattutto si abbinano bene alla cucina tipica di montagna: notevoli i drot, salsicce a base di frattaglie e carne di maiale, e la saucisse de Magland, senza dimenticare i formaggi di malga come il Reblochon, il Beaufort, il Tomme de Savoie e i Chevrotin. La Savoia è una regione dove l’acqua recita un ruolo importante, dove i torrenti e i laghi riforniscono le cucine di salmerini e persici cucinati poi in modo divino nei tipici ristorantini.

Vecchia varietà bianca d’origine alpina, la Jacquère, è il vitigno più coltivato nella Savoia, con cui tra l’altro vengono prodotti due vini di grande considerazione come l’Abymes e l’Apremont, dai colori giallo-verdognoli, con profumi di fiori bianchi, vivaci, leggeri e di grande mineralità. La Molette o Gringet, eccellente vitigno autoctono bianco, ottimo per la produzione di spumanti «metodo Charmat», può essere considerato la versione savoiarda del Savagnin. La Roussette, altro caratteristico vitigno della Savoia – il nome deriva dal colore dell’uva matura – viene pure chiamato Altesse; dice la leggenda che il vitigno fu importato da Bisanzio nel 1367, da Amedeo VI di Savoia. Dona vini dal profumo di bergamotto, nocciola e mandorle, come quelli gustati a Seyssel.

Lo Chasselas prospera sulla rive del Lemano dal XIII sec.; usato come uva da tavola, fu dapprima criticato per la sua poca aromaticità, mentre oggi viene vinificato in purezza, seguendo l’esempio dei vini della confinante Confederazione Elvetica. Lo Chardonnay è stato introdotto solo agli inizi degli anni Sessanta, con lo scopo di rinforzare i profumi dei vitigni bianchi locali. Nel Bugey, piccola regione isolata tra i fiumi Ain e Rodano, troviamo la piccola città di Belley, famosa per aver dato i natali a Brillat-Savarin (1755-1826), dove l’autore della celebre opera Physiologie du goût possedeva una vigna poco distante dalla città. Qui lo Chardonnay, chiamato in loco Petite-Sainte-Marie, viene vinificato in purezza e produce un vino interessante.

Tra i vitigni rossi, il più diffuso è senz’altro il Gamay, arrivato dopo la filossera insieme al Pinot Nero, ormai rari, ma si trovano ancora vini prodotti con l’antico Persan, che viene però usato in uvaggio con la Mondeuse, antico vitigno locale. La Mondeuse produce vini di carattere e profumo di pepe nero, descritto da Columella come un vitigno dalla maturazione tardiva: «de gelu maturescens», perché sovente le vendemmie avvenivano dopo la prima gelata. Ampelograficamente è molto simile al Refosco del Peduncolo Rosso del Friuli.

È questa similitudine che c’incuriosisce; chi fu il «veterano» delle legioni di Roma che portò il vitigno in Friuli? O forse, il vitigno dal Friuli fu portato dalle legioni di Cesare tra le popolazioni Allobrogene? Difficile dare una risposta; consoliamoci quindi con un bicchiere da dove la Mondeuse, dai colori violacei, emana profumi di ciliegie nere, more e chiodi di garofano.

Trentodoc Bouquet Brut
Non c’è bisogno di guardare il calendario per sentire arrivare la primavera con i suoi profumi. Noi li abbiamo percepiti versandoci nel bicchiere il Trentodoc Bouquet Brut di Casa Pedrotti, 100 % di uve Chardonnay, di grande eleganza.

Nomi è un piccolo comune in provincia di Trento. Qui – in un ambiente naturale roccioso, ampliato come deposito ai tempi della Prima Guerra Mondiale, si trova una cantina – definita Cattedrale dello Spumante dal compianto Luigi Veronelli – avvolta nel silenzio e a temperatura costante, dove nascono gli imperdibili spumanti di Casa Pedrotti.

Il Bouquet rifermenta lentamente in bottiglia per circa 30-32 mesi a contatto con i lieviti. Il risultato è un vino dal perlage fine e persistente e dal colore giallo paglierino tenue.

È all’olfatto però che abbiamo trovato le sue migliori caratteristiche, registrando note freschissime di frutta bianca, mela e pera, che vira nel floreale e nell’erbaceo, leggero di corpo, ma piacevole, con una fine nota di nocciola. Vino ideale agli aperitivi, accompagna divinamente piccola pasticceria salata e tempura di verdure.
/ Davide Comoli