Nasce il brandy, dalla dolcezza delle uve del Capo - Vinarte

Vino nella storia – La viticoltura in Sudafrica ebbe origini durante l’occupazione della Compagnia Olandese delle Indie Orientali

L’introduzione della viticoltura nel sud dell’Africa avvenne per motivi economici durante l’occupazione olandese; a differenza, ad esempio, di quanto accadde in Centroamerica e in Sudamerica: qui, gli spagnoli portarono la coltivazione della vite soprattutto per una tradizione culturale, ideologica e religiosa.

Già nel 1487, il navigatore portoghese Bartolomeo Diaz, durante uno dei suoi viaggi alla ricerca di una via orientale per le Indie, finì sulla punta estrema dell’Africa, che poi battezzò: «Capo di Buona Speranza». Luogo che rimase per oltre un secolo sotto il controllo del Portogallo.

Nel XVI secolo ebbe inizio la colonizzazione vera e propria della zona con l’occupazione del «Capo» da parte della Compagnia Olandese delle Indie Orientali (Oost Indische Compagnie). Fu definita come «primo successo spettacolare delle grandi compagnie». Tra il 1640 e il 1650 gli olandesi cercano di installare una stazione di vettovagliamento allo scopo di creare un luogo ove i vascelli diretti a oriente potessero sostare e rifornirsi.

Fu così che un gruppo di coloni al comando di Jan van Riebeeck venne inviato con l’incarico di creare uno scalo per le navi in rotta verso le Indie. Arrivati alla Baia della Tavola (1652) quegli uomini costruirono dapprima un forte, poi delle case e delle fattorie, in modo da supplire alle loro necessità e a quelle delle navi che facevano scalo nel viaggio verso est.

Anche se pare che gli Heeren Zeventien, a capo della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, non incoraggiassero l’intenzione di impiantare dei vigneti da parte di van Riebeeck, egli insistette affinché gli portassero delle barbatelle dall’Europa. La forte insistenza e la chiara determinazione sembra fossero alimentate da due fattori: anzitutto l’alto costo che i coloni olandesi dovevano pagare per importare il vino in Sudafrica, ma ancor di più – da medico – perché si era reso conto dell’importanza della bevanda sacra a Bacco nel proteggere i marinai dallo scorbuto.

Nel mese di luglio del 1655 una nave scaricò delle barbatelle: non è chiara la loro provenienza, ma due tipologie hanno fatto la storia della viticoltura sudafricana; erano il Moscato di Alessandria (chiamato in loco Hanepoot) e lo Chenin Blanc (Steen) entrambe provenienti dalla Francia sud-occidentale. Queste prime barbatelle vennero messe a dimora vicino al forte, ma con l’arrivo di nuovi carichi dall’Europa van Riebeeck creò un vigneto nei pressi della odierna Wynberg; a tal proposito, resta famosa la frase che van Riebeeck scrisse sul proprio diario: «Oggi, lodiamo Dio, il vino è stato fatto per la prima volta con le uve del Capo», era il 2 febbraio 1659.

I primi vini prodotti erano dolci e di alta gradazione alcolica, il clima e il genere di vitigno non ancora ben acclimatato davano un vino di scarsa qualità. Per ovviare a tutto ciò (così racconta la storia), sembra che un cuoco di una nave ancorata in porto, ebbe l’idea di distillare il vino prodotto delle uve del Capo, creando così i primi «brandy» prodotti in zona.

Un nuovo impulso alla produzione di vino nel Capo fu data da Simon van der Stel nel 1679. Il nuovo Governatore fece mettere a dimora un nuovo vigneto a Groot Costantia, con vitigni di provenienza francese e qualche cultivar tedesca, creando a poche miglia da Cape Town sulle pendici orientali della Table Mountain, la più rinomata Casa vinicola della storia del Paese.

Contrariato dalla forte acidità che davano i vini locali, incominciò a produrre, acquisendo grande fama, vini dolci da dessert dai vitigni Muscat Rouge e Muscat de Frontignan, la cui fama arrivò addirittura per più di un secolo a primeggiare con il celebre Tokay. La storia ci racconta che nell’esilio di Sant’Elena, Napoleone beveva solo questi vini provenienti dal Capo.

Una grossa spinta e un forte stimolo alla promozione della viticoltura nel Paese fu comunque lo sbarco di migliaia di Ugonotti tra il 1685 e il 1690, in seguito alla revoca dell’editto di Nantes voluto da Luigi XIV.

Più di mezzo milione di Ugonotti fuggirono dalla Francia e molti di essi dapprima si stabilirono in Olanda, anche perché incoraggiati dagli Heeren Zeventien che avevano compreso la potenzialità di molti di essi, abili conoscitori dell’arte della viticoltura; tanti di loro emigrarono invece nella nuova colonia del Capo nel 1688. I nuovi arrivati si stabilirono dove oggi ci sono le più prestigiose zone viticole, ovvero Paarl, Franschhoek e Stellenbosch (nome dato in onore di van der Stel).

Tra le famiglie ugonotte che raggiunsero il nuovo continente, ci piace ricordare i Pontac, famiglia originaria del bordolese che portò il vitigno Pontac; oggi viene allevato per ragioni sanitarie su pochi ettari, ma in passato ebbe un ruolo importante nella produzione dei vini rossi (dà vini molto colorati e tannici).

Nel corso della prima metà del XVIII secolo la produzione vinicola, sfruttando il lavoro degli schiavi, aumentò in modo considerevole appoggiandosi anche su una legge che indicava la viticoltura come attività non soggetta al pagamento delle decime.

La fortuna degli olandesi cominciò a calare verso la fine dello stesso secolo, quando gli inglesi tra il 1795 e il 1803 in seguito alle guerre napoleoniche occuparono a più riprese il Sudafrica.

/ Davide Comoli