Gioielli enologici e piccole delusioni - Vinarte

Bacco giramondo – L’eterogenea offerta di vini prodotti in Borgogna può riservare belle ma anche spiacevoli sorprese – 1. parte

Celebre per i suoi vini, la Borgogna non smentisce di certo la sua reputazione. Di fatto i vini rossi di Chambertin e i bianchi di Montrachet sono gioielli enologici unici al mondo. Ma attenzione, perché alle volte i vini borgognesi possono deludere. In effetti la produzione presenta una certa eterogeneità che andiamo a spiegare in diversi modi: da una parte il frazionamento dei vigneti in piccole parcelle, (appezzamenti di famiglia); dall’altra parte un clima che cambia spesso e vitigni non facili da coltivare.

Gli amanti del vino che desiderano captare i sottili aromi e profumi della Borgogna in bottiglia, devono dunque selezionare presso produttori o negozianti tra gli innumerevoli prodotti, cercando di sbrogliare la matassa delle tante «appellations».

Il fossato tra successo e fiasco, tra buona e mediocre vinificazione, tra piccoli vini e grandi crus, qui è molto più profondo che in tutte le altre regioni viticole francesi, ma le nuove generazioni di vignerons, che di certo non dormono sugli allori, stanno riportando i vini di Borgogna al posto che meritano nell’élite mondiale.

La Borgogna è una vasta regione situata al centro est della Francia e si estende da nord a sud per più di trecento chilometri, mantenendo la stessa portata della storica provincia medievale che era il Ducato di Borgogna. Quella vinicola si divide a sua volta in sei regioni (di cui scriveremo in seguito): lo Chablis e Yonne, la grande Côte d’Or con le Hautes Côtes, la Côte Chalonnaise, il Mâconnais e il Beaujolais.

La composizione del suolo gioca un ruolo determinante. I più prestigiosi sono esclusivamente di origine calcarea; la regione dello Chablis grazie al suolo calcareo e gessoso è un luogo molto favorevole allo Chardonnay.

I suoli argillo-calcarei o di marne calcaree della Côte d’Or si sono formati con la progressiva erosione degli altopiani calcarei del Jura. Da qui il motivo per cui troviamo in questa regione una superficie ridotta di terreni diversi, le cui caratteristiche si riflettono nella personalità di ogni vino prodotto. Sulla Côte Chalonnaise e nel Mâconnais, gli affioramenti calcarei sono più rari e si mischiano a terreni argillosi e sabbiosi.

La maggior parte dei grandi crus della Côte d’Or sono orientati verso est e sono leggermente in evidenza, mentre le Hautes Côtes raramente arrivano ai 400 m s/m e vi si producono dei vini relativamente più leggeri.

Il clima è in prevalenza continentale, gli inverni sono rigidi e freddi e le gelate, soprattutto a Chablis, sono frequenti anche in primavera. Le temperature permettono in genere alla vigna di germogliare agli inizi di aprile. Le precipitazioni sono minime tra marzo e aprile, ma intense tra maggio e giugno e raggiungono circa gli 800 mm annuali. Questo può compromettere la fioritura e quindi la vendemmia, da questo fattore si deciderà il volume della raccolta dell’uva.

La Borgogna è per eccellenza la regione dei «mono vitigni». La definizione stessa del vino di Borgogna è proprio la ricerca ottimale della complessità del vino, grazie all’esaltazione delle ricchezze proprie di un solo vitigno. Di conseguenza la parola terroir deve esprimersi in modo perfetto nei vini prodotti.

Il Pinot Nero è una «scommessa»: è un vitigno ingrato, ci vuole delicatezza nell’estrarre i suoi succhi, i suoi aromi sono sottili da capire e la sua vinificazione non è sempre facile.

L’origine di questo vitigno è ancora parzialmente sconosciuta; in Borgogna lo troviamo già nel IV sec. Le numerose varietà di Pinot Nero testimoniano lo sforzo fatto nei secoli per svilupparne la specie. A questo vitigno (chiamato: Petit Verdot nello Yonne, Auvernat Noir ad Orlèans, Morillon Noir nella Loir-et-Cher e Savagnin Noir nel Jura) si devono le grandi qualità dei vini di Borgogna. Nelle annate favorevoli si producono vini che nella loro giovinezza hanno colori rosso/violaceo, con aromi di piccole bacche rosse e tannini dolci. Esso occupa il 35 per cento della superficie vitata e possiede un’ottima predisposizione all’invecchiamento, che dopo una lunga evoluzione regala splendidi vini, intessuti da grande finezza e dalla lunga persistenza gusto-olfattiva.

L’alter ego del Pinot Noir è lo Chardonnay (45 per cento della superficie vitata). Nulla prova che questo vitigno a bacca bianca sia originario della Borgogna, anche se un villaggio del Mâconnais porta questo nome. Si suppone che lo Chardonnay sia stato introdotto in Borgogna nel XVI sec.: è un vitigno facile da coltivare, grazie alla sua maggior resistenza alle malattie virali e crittogamiche, così come alle gelate tardive. Sopporta rendimenti importanti senza soffrire troppo nella qualità delle uve. Molto importante per questo vitigno, però, è determinare la data della vendemmia. Infatti, un eccesso di maturazione gli fa perdere parte della sua acidità.

Lo Chardonnay è diffuso soprattutto nello Chablis, nello Yonne e nella parte meridionale della Côte d’Or, dove nei comuni di Montrachet e Meursault, grazie ai loro suoli marnosi, dona dei vini bianchi che sono un assoluto punto di riferimento per tutti gli Chardonnay del mondo.

Altri vitigni di cui parleremo sono tra i bianchi: l’Aligoté che rappresenta circa il 5 per cento della produzione; e tra i rossi, il Gamay (per i cugini d’oltralpe Gamay Noir à jus blanc per distinguerlo dal Gamay teinturier, non ammesso nell’A.O.C. Beaujolais) che copre circa l’11 per cento del vigneto borgognone.

Noûs (Syrah) I.G.T.
A 700 m di altitudine, dominante il mare, sorge Erice (Trapani), dalle cui vigne provengono le uve per produrre il Noûs: si trovano sul territorio del comune sopracitato in località di Regalbesi. Il sole in questa zona lancia i suoi strali ardenti permettendo ai grappoli di maturare in modo ottimale e uniforme, mentre la fresca brezza che sale dal basso contribuisce ad apportare freschezza e sapidità che ritroveremo nel vino.

Questo «vino di luce» è prodotto con il 90 per cento di Syrah, vitigno internazionale amante delle zone calde, e con il 10 per cento di Nero d’Avola, vitigno autoctono, capace di gareggiare con i vitigni a bacca rossa di fama mondiale. Tali uve in molti I.G.T. hanno fornito vini di gran classe. Le bucce del Noûs rimangono in contatto con il mosto per 30 giorni, dopodiché viene travasato in vasche di cemento per circa 13/15 mesi.

Questo grande vino ha un colore rosso profondo, al naso si percepiscono note profonde di balsami, pepe nero, polpa di frutta, fresco e morbido, con buone sensazioni pseudo caloriche e media tannicità. Consigliato con piatti di selvaggina, capretto e carni rosse.

 

 

/ Davide Comoli