Dalle Città monastiche all’era moderna - Vinarte

Vino nella storia – Si conclude con questo articolo la serie dedicata al tema «Lungo le rotte del vino»: 8a e ultima parte

Verso il X secolo, in alcune regioni europee – che ospitavano le cosiddette «città monastiche», molte delle quali fondate lungo il corso dei fiumi – resisteva una certa attività mercantile; questo valeva anche per il vino prodotto soprattutto in zone votate alla viticoltura.

Considerate «città franche», queste realtà monastiche disponevano di vere e proprie vie commerciali, chiamate «strade dei mercanti». Proprio i mercanti – tornati timidamente in auge dopo la crisi che era concisa con la fine del mondo antico ai secoli del basso Medioevo – prima d’intraprendere un viaggio, sentivano il bisogno di associarsi in corporazioni o consorterie chiamate «gilde» o «confraternite».

Queste corporazioni non si scioglievano al ritorno, ma cercavano invece di costituire corpi permanenti. Poiché l’interesse dei mercanti coincideva con quello dei loro concittadini, i componenti di ogni «gilda» locale ebbero carta bianca, identificatosi come una specie di amministrazione comunale (non riconosciuta ufficialmente) a partire dal XI sec.

I vescovi che forzatamente risiedevano nelle loro sedi stabilite dal potere papale, avrebbero però voluto conservare tutta la loro autorità, in parte per fare gli interessi della Chiesa, ma la maggior parte delle volte per il loro tornaconto e la paura di perdere il potere.

Per questo motivo le «consorterie» erano viste con sospetto. La Chiesa nutriva una palese avversione e considerava «immorale» il mestiere dei mercanti, perché questi con la loro autonomia gestionale cominciarono a far nascere negli strati sociali più abbienti qualche rivendicazione.

Proprio per salvaguardare i diritti acquisiti, le corporazioni mercantili nel corso del XIII secolo cercarono di consolidare sempre di più il loro potere. Grazie a queste corporazioni e a grandi professionisti del mercato, la bevanda bacchica ricomincerà dopo qualche secolo ad inebriare con i suoi profumi i mercati europei.

Italiani, spagnoli, portoghesi e tedeschi saranno, pur con alti e bassi, causa di guerre e pestilenze varie, i possessori, anche se per breve tempo, del destino commerciale del vino del basso Medioevo.

Dal XIV secolo, secondo alcuni scritti, pare che fossero state attivate delle «taberne mobili» che potevano facilmente spostarsi, composte forse quasi unicamente da contenitori per il vino. Poste sopra dei carri, queste «taberne» venivano trasportate in occasione di feste campestri o in luoghi di qualche aggregamento di persone che necessitasse di essere ristorata.

Come si nota, il vino in realtà era abbastanza diffuso, ma pochi erano i vini da denominazione particolare e spesso venivano, grazie a particolari «alchimie», trasformati con la pratica dell’annacquamento o con la più tradizionale «arte del taglio», usando vini mediocri, al limite della potabilità.

Dall’inizio del XVI secolo, il vino, come pretesto per affari lucrosi, avrà un nuovo baricentro: il cuore dell’Europa nord occidentale. La grande spinta economica e commerciale di parte dell’Europa iniziò a scemare accusando una forte flessione. Il commercio in generale, compreso quello del vino, non era in grado di soddisfare e raggiungere la grande massa di potenziali consumatori. Il movimento mercantile non era in grado di dare continuità, per mancanza d’impeto nel superare certi ostacoli, tensioni, crisi che si manifestarono negli ultimi decenni del secolo. E a causa di varie bancarotte, vedi quelle della monarchia spagnola del 1557 e del 1597, che costituirono grattacapi profondi e scossero l’economia europea in profondità.

Ci furono fallimenti totali, sia di singoli mercanti sia di molte compagnie mercantili. Anche in Italia, dimenticato ormai da tempo il dominio di Roma, che aveva regnato sulle vie mercantili di terra e di mare, l’economia non decollava e si percepivano gravi sintomi d’invecchiamento: molta era la fatica per far fronte alle esigenze dei nuovi mercati.

Il secolo XVII vede con l’avvento dell’internazionalizzazione dei mercati marittimi la nascita di grandi compagnie mercantili, come la Compagnia olandese delle Indie Orientali. Solo chi era competitivo nei traffici marittimi, terrestri e nel campo produttivo, poteva senza timore affrontare le nuove sfide che il mercato internazionale offriva. Pochi erano coloro che dominavano i mercati più importanti: la città di Amburgo, grazie al suo porto, aveva ad esempio l’esclusiva per mantenere rapporti commerciali tra il sud dell’Europa e i paesi Baltici.

Amburgo fu anche il più attrezzato centro di smistamento di prodotti che arrivavano dall’area mediterranea, ma soprattutto di alcune tipologie di vini dolci, tanto apprezzati al nord e di quelli che al di sopra di tutto resistevano al «travaglio» dei lunghi viaggi via mare.

I vini italiani e quelli greci, in questo caso, tenevano bene il confronto degli altri vini provenienti da altre zone come Reno, Mosella, che per via fluviale rifornivano il mercato interno ed esportavano in Olanda.

Alla fine del XVI secolo, l’Europa era ancora in larga misura autosufficiente e i Paese europei commerciavano principalmente tra di loro.

Il nostro viaggio sulle rotte interne del Mediterraneo e sui fiumi europei si conclude qui. Il 1600 è il secolo delle grandi compagnie d’oltremare, le scoperte di nuovi mondi portarono ai conflitti coloniali e le grandi potenze inizieranno una lotta non priva di feroci colpi per il dominio dei mercati più importanti raggiungibili via mare. È l’inizio della storia moderna.