Il profumo del vino tra Livorno e la Maremma - Vinarte

Bacco giramondo – Enologicamente parlando, la Toscana è oggi la regione con il volume d’affari con l’estero più importante di tutta la Penisola – 1a parte

La storia e le sue vicende hanno avuto un grande peso in Toscana nell’affermare la coltura della vite e la produzione del vino. Qui, prima gli Etruschi e subito dopo i Romani, sono stati i popoli che hanno radicalmente influenzato la vitivinicoltura. Se gli Etruschi sono stati essenziali, i Romani sono stati determinanti, perché a loro va il merito di averla sviluppata e diffusa sull’intero territorio della regione.

Oggi la Toscana può essere considerata il cuore pulsante del vino italiano, grazie a una coltivazione che ha creato uno stretto e felice connubio con il territorio e il suo ambiente, alla sinergia che ha realizzato con l’uomo e i suoi obiettivi, e alla sincronia intrecciata all’attitudine turistica che pervade tutta questa regione. La Toscana di oggi è enologicamente parlando la regione con il volume d’affari con l’estero più importante di tutta la Penisola; in particolare per la categoria di vini a Denominazione, che è circa il 95 per cento della locale produzione, su una superficie vitata di circa 58mila ettari disposti soprattutto in collina.

Nella sua forma che ricorda sommariamente un triangolo, la Toscana propone un territorio che sembra fatto apposta per la viticoltura, con un alternarsi instancabile di colline e vallate, sulle quali la vite trova il suo habitat naturale: profili ondulati, spezzati a tratti da cipressi imperiosi, panorami indimenticabili, punteggiati qua e là da torri merlate. Non bisogna poi dimenticare la gastronomia che ci viene offerta in ogni borgo in cui sostiamo, lungo le diciotto strade, e anche più, del vino della regione.

Il vitigno più rappresentativo della Toscana è senz’altro il Sangiovese, che nella classificazione attuale contempla cinque biotipi principali, distinguibili per la forma del grappolo e per le attitudini colturali: Sangiovese PiccoloSangiovese Grosso o BrunelloPrugnolo GentileSangiovese Romagnolo a Cannello Lungo e Sangiovese del Grossetano chiamato anche Morellino. Non solo Sangiovese però: tra i vitigni a bacca nera sono molto diffusi il Ciliegiolo, il Canaiolo Nero, l’Aleatico, mentre tra quelli a bacca bianca il Trebbiano Toscano, la Vernaccia di San Gimignano, l’Ansonica, la Malvasia Bianca e il Vermentino.

Ma è negli ultimi decenni che la Toscana si è imposta a livello mondiale, soprattutto con i vini ottenuti da uve internazionali. La regione ha così dimostrato di saper produrre grandi vini, sia con uve autoctone sia ricorrendo ai vitigni stranieri, in modo particolare quelli provenienti dalle vigne di Bordeaux.

Le zone viticole della Toscana le possiamo suddividere in due macroaree: le colline della Toscana Centrale, che è il cuore storico della regione con le zone del Chianti, del Brunello di Montalcino, del Nobile di Montepulciano, i cui territori sono da sempre l’emblema della viticoltura Toscana, e la Costa Tirrenica, dai colli Apuani sino a Grosseto, nel cuore della Maremma.

Entrando da settentrione dalla Liguria, incontriamo la zona dei Colli di Luni, dove circa 200 ettari di vigneto disegnano le colline, creando un caleidoscopio colorato sullo sfondo delle bianche cave di marmo tra Massa e Carrara. Tra i vitigni bianchi primeggia il Vermentino, tra i rossi invece, l’onnipresente Sangiovese e un vitigno locale chiamato Barsaglina. La nostra strada prosegue verso sud, superata Viareggio e superati i massicci bastioni di Lucca, ci addentriamo lungo le colline nella D.O.C. Colline Lucchesi, per arrivare nella piccola cittadina di Montecarlo; famosa per i suoi vini fin dall’antichità, gustiamo sia un ottimo rosso prodotto da uve Sangiovese Ciliegiolo, sia un bianco di Sauvignon Grechetto, che bagna il nostro piccolo spuntino, dove il lardo di colonnata e la finocchiona dominano il resto degli affettati.

Sfioriamo dopo Pisa la D.O.C. San Torpè, dove si produce un semplice e onesto Trebbiano. In serata arriveremo a Bibbona, dove già da Cecina, sentiamo l’influenza forte di Bolgheri, ne è la prova il rosso di Syrah Merlot, ricco di note balsamiche, speziate dal colore intenso, che abbiamo abbinato al nostro piatto di «pollo alle prugne» (prugne secche, pancetta, vino bianco, carote, cipolle olio e pepe).

Con la provinciale siamo giunti al bivio per Bolgheri, frazione del comune di Castagneto Carducci, fino agli anni Cinquanta conosciuta solo per i suoi cipressi «che alti e schietti van da San Guido in duplice filar», recita l’incipit di una famosa ode di Giosuè Carducci, che in questi luoghi visse la sua infanzia.

Grazie alla lungimiranza del Marchese Mario Incisa della Rocchetta, che qui fece impiantare 1,5 ettari di Cabernet Sauvignon Cabernet Franc nel 1944, oggi questa zona di circa 1140 ettari, gode di una fama internazionale, in particolare per il suo vino di punta, il Sassicaia, riconosciuto quasi universalmente come il padre di una nuova famiglia di vini italiani; i cosiddetti «Supertuscan».

Oltre ad avere diverse analogie con il terroir bordolese (altitudine limitata, influenza delle brezze che arrivano dal mare, terreni alluvionali-ciottolosi, con una buona presenza di ossido di ferro), il successo di questi vini in parte è dovuta alla brillante idea dell’introduzione della barrique in Italia all’inizio degli anni Cinquanta.

Le colline alle spalle di Castagneto Carducci proteggono i vigneti di Bolgheri dai venti del nord in inverno, mentre in estate spirano leggeri venti rinfrescanti provenienti dal mare. Il disciplinare del Bolgheri D.O.C., permette di utilizzare monovitigni per i rossi e i rosati: Cabernet SauvignonCabernet Franc e Merlot fino al 100 per cento, ma sono ammessi fino al 50 per cento il Sangiovese, il Syrah e piccole percentuali di Petit Verdot. Questo non consente un unico stile di vini di Bolgheri, perché nella stessa D.O.C. possiamo trovare vini con netto taglio bordolese e di altri dove è presente il Sangiovese. Scoviamo pure dei vini I.G.P. prodotti con uve Merlot o con Cabernet Franc 100 per cento (Paleo), vini che hanno raggiunto il «gotha» mondiale nel settore.

A Bolgheri si produce anche in piccole quantità un bianco a base di Vermentino Sauvignon Blanc, di un bel colore dorato, dagli intensi profumi di macchia mediterranea: lo abbiamo provato con estrema soddisfazione con un piatto di «triglie alla livornese», in un noto ristorante a San Vincenzo. Concludiamo la serata con una «mousse al cioccolato» perfettamente abbinata a un Aleatico Passito della non lontana Isola d’Elba, dall’intrigante profumo di gelatina di mora, fiori rossi e spezie dolci.

A Suvereto faremo sosta per la notte, domattina visiteremo lo spettacolare progetto dell’architetto Mario Botta, la cantina di Petra, dove vengono vinificate soprattutto uve di Cabernet SauvignonSangiovese e Merlot.

Scelto per voi

 

Arcadia Pestoni

«La valle del Sementina fende i contrafforti del monte come una crepa in una muraglia», così scrive sul suo sito Giancarlo Pestoni (Azienda Pizzorin, Sementina). È qui, su questi terreni collinari, che Giancarlo con la moglie Simona, allevano con cura in una piccola azienda famigliare le uve di queste vigne, dove vengono prodotti sei tipologie di vini rossi, due vini bianchi e un rosato.

Oggi per voi abbiamo scelto l’Arcadia, un Merlot che, dopo la macerazione e fermentazione in vasche d’acciaio, subisce un affinamento di dodici mesi in barriques di secondo e terzo passaggio.

Dal bel colore rosso rubino, l’Arcadia ci colpisce per i suoi aromi di frutta rossa e violetta, leggeri sentori fumée di liquirizia e tannini vellutati. Vino di corpo e di buona persistenza, lo raccomandiamo per i piatti della nostra cucina: noi lo abbiamo sposato in modo eccellente con un salmì di capriolo e polenta.

/ Davide Comoli