Dal French claret ai grandi crus bordolesi - Vinarte

Bacco giramondo – Continua il viaggio elvetico tra i vigneti di Neuchâtel

Tra la seconda metà del XVII secolo e la prima metà del XVIII in Europa occidentale si verifica una vera rivoluzione del gusto in materia di vino. E, tanto per cambiare, incomincia tutto dall’Inghilterra. È appunto a metà del XVII secolo – dopo i moti civili tra re Carlo I e il Parlamento (1642), e la rivoluzione inglese, quando viene deposto re Giacomo (1688) – che l’aristocrazia britannica si consola assumendo una forma di snobismo con cui vuole distinguersi, non solo con i vestiti indossati, ma anche con i piaceri che può concedersi, compreso quello del bere: birra, Sack, vini bianchi dolci, Clairet, diventano bevande troppo comuni. Nasce da queste circostanze l’assoluto bisogno di un nuovo tipo di vino.

A tale scopo, i viticoltori si ingegnano elevando di fatto i costi con innovazioni che modificheranno le caratteristiche dei vini noti fino a quel momento: si parla di diversa produzione, dell’introduzione delle bottiglie di vetro e quella dei tappi di sughero modellati nella forma voluta, nonché d’invecchiamento in cantine asciutte dentro la sabbia. Alla fine, i mercanti ottengono una tipologia di bordolesi chiamati vins noirs, vini di lunga fermentazione (più rari e più cari), che convincono la clientela inglese, per la durezza dei tannini che fa pensare a vini più alcolici rispetto ai famosi French claret.

Il 10 aprile 1663 Samuel Pepys scrive sul proprio diario: «Usciti dalla Borsa con sir J. Cutler e Mr. Grant, siamo andati alla Royal Oake Taverne a Lumbard Street dove abbiamo trovato A. Broome, il poeta, un uomo allegro e intelligente credo, se non fosse un po’ troppo presuntuoso. Lì abbiamo bevuto un tipo di vino francese di nome Ho Bryan, dal sapore buono e particolare mai bevuto prima». Il vino in questione è quello che viene prodotto nella proprietà di Haut-Brion da Arnaud III de Pontac, primo presidente del Parlamento di Bordeaux, nella sua tenuta situata nella regione del Graves.

Nel 1666 il de Pontac apre per il figlio a Londra una drogheria, un ristorante e una taverna chiamati «The Sign of Pontac’s Head», dove vengono presentati all’esigente élite dell’alta società britannica i vini della tenuta, venduti tre volte più cari dei vini provenienti dal sud della Spagna. È fatta!

A differenza di altri vini importati, de Pontac produce il suo vino su un vigneto dalla superficie di 38 ettari, il terreno dell’Haut Brion costituito da una collina il cui suolo è stato drenato dalle ghiaie (graves) sulla sponda sinistra del fiume Garonna. I vitigni usati per la produzione del vino a quell’epoca sono: il Malbec (Noir de Pressac), e il Petit Verdot al quale erano associati i due Cabernet (Sauvignon – Franc) chiamati all’epoca «Grande e petite vidure». Questi nuovi vin noir sono certamente migliori dei Claret, troppo leggeri, acidi e poco stabili, di facile deperimento.

Nonostante il successo dei vini della Graves nell’alta società londinese, lo scoppio della guerra tra Francia e Inghilterra (1660-1670), la proibizione d’importare qualsiasi merce sull’isola, e l’imposizione di tasse doganali (1678) molto pesanti sui vini francesi, portano a una crisi nel bordolese.

Viene dunque abbandonata la produzione di vini dalla scarsa qualità, per investire nella produzione di vini d’alta gamma. Nel frattempo sopravviene il famoso inverno del 1709 che impone una totale ricostruzione dei vigneti, soprattutto nel Medoc e nelle Graves. Si preparano i terreni, bonificando le zone paludose con buona terra e ghiaia. È chiaro che solo le grandi famiglie proprietarie terriere possono investire denari in queste opere, troviamo così: i Pontac, i d’Avlède (Margaux), la famiglia Ségur (proprietario di Lafite, 50 ettari, e Latour, 36 ettari), considerata nel XVIII secolo come «il principe delle vigne». Cominciamo a trovare anche i nomi di ricchi commercianti bordolesi come Moytié a Saint-Julien, Rauzan a Pauillac, Kanon a Saint-Emilion, Fontenmoing a Pomerol e alcuni commercianti inglesi come Lynch, Barton, Johnstone e molti altri.

A metà del XVII secolo alcuni mercanti olandesi prendono la cittadinanza di Bordeaux, in modo da poter beneficiare di esenzioni fiscali per il loro commercio. Oltre che dell’esportazione dei vini di Gaillac e Cahors, si occupano anche di esportare vini dolci, per questo le vendemmie vengono ritardate in modo da ottenere uve dal contenuto zuccherino più alto, usate anche per la distillazione.

Già nel 1670 questa operazione è fatta a Sauternes e, a fine secolo, anche un po’ più a est, a Monbazillac. Gli olandesi intuiscono la potenzialità delle uve Sémillon che, lasciate in pianta più a lungo, possono raggiungere un alto grado zuccherino, perché attaccate da quella che veniva chiamata «pourriture noble», muffa nobile che, più tardi, sarà identificata come Botrytis cinerea; la dolcezza unica dei vini prodotti in questo modo, raggiungerà presto prezzi elevati tra gli amanti di questa tipologia di vini speciali.

Nel 1713 con la pace di Utrecht, Filippo V re riconosciuto di Spagna deve cedere i Paesi Bassi, l’Inghilterra ottiene Gibilterra e alcuni territori francesi d’oltremare. Ristabilita la pace il commercio tra Francia e Inghilterra riprende con più regolarità e vigoria, il mondo di allora incomincia a conoscere i grandi crus bordolesi.

/ Davide Comoli