Bacco, tra enologia e medicina - Vinarte

Vino e salute – Già nell’antichità si conoscevano le proprietà terapeutiche legate alla fermentazione delle bacche dell’uva

È materia complessa e a tratti contraddittoria, il rapporto che intercorre tra vino e salute. Il ripercorrere il connubio particolare e l’evoluzione che ha avuto nei secoli, offre più di un motivo d’interesse e precisiamo non solo di tipo medico. La storia del vino ci permette infatti di appurare una volta in più come la bevanda sacra a Bacco non sia solo un prodotto della vigna e del lavoro dell’uomo, ma anche un elemento, oserei dire, insostituibile della nostra cultura. Infatti nel mondo dell’immaginario e della fantasia, il vino alimenta da sempre in ogni epoca storica una profonda e ben radicata simbologia.

Pensiamo che approfondire questo argomento aiuti a capire meglio l’epoca in cui stiamo vivendo: la storia dell’uomo è costituita dal continuo alternarsi di varie fasi, estremizzate in una certa epoca e ridimensionate in quella successiva.In poche parole la storia mostra il vino in un continuo alternarsi di immagini, considerato una panacea di molti mali, oppure elemento da demonizzare; perché non pensare al vino semplicemente per quello che è?

È inevitabile che quando si parla di vino si finisce sempre a parlare di medicina. È meglio chiarire quindi subito che il nostro lavoro non si pone alcun obbiettivo scientifico, né tantomeno vogliamo sintetizzare in modo esauriente tutta l’evoluzione della ricerca medica nel corso dei secoli, ma le molte pubblicazioni sul tema che abbondano sui nostri scaffali ci hanno incuriosito talmente che vogliamo farvi partecipi.

Ai nostri giorni, non si parla più del vino come bevanda magica dotata di poteri soprannaturali, ma come bevanda che se viene consumata in dosi appropriate può aiutare a prevenire alcune patologie. Fino addirittura ad arrivare agli ultimi sviluppi dell’argomento che virano decisamente verso concetti di bellezza e benessere: la vinoterapia è già da tempo diventato un fenomeno ampiamente diffuso.

Per cercare di capire il rapporto che esiste tra vino e salute, dobbiamo con l’immaginazione ritornare a migliaia di anni fa, quando l’uomo abitava in oscure e fredde caverne.

Cosa avrà pensato il nostro lontano antenato nel ritrovarsi davanti al mosto dato dall’autofermentazione di bacche raccolte e dimenticate forse in qualche pelle d’animale?Certo questo è solo un gioco di fantasia e d’immaginazione, ma pensiamo che da quel momento il succo dell’uva incomincia ad assumere un significato diverso.Immergendo le dita, il nostro antenato s’accorge che da esse gocciola un liquido color sangue, magiche dovevano essere le proprietà ad esso attribuite, infatti quando esce dal corpo, sembra portarsi via il nostro «soffio vitale».

Spaventato e turbato, si porta le dita in bocca, come normalmente fa ognuno di noi quando si procura una piccola ferita; è dolce e riscalda e dopo averlo bevuto viene preso da un’euforia strana, che gli fa dimenticare la fame.Nella mente del nostro antenato si accende una luce, riscalda, nutre e ci dà felicità, è qualcosa di magico!

Non c’è dunque da sorprendersi se la civiltà sumera come quella babilonese ed egizia, abbiano sempre considerato il rapporto vino/medicina mediato tra religione e stregoneria. A quei tempi d’altronde il guarire le malattie era prerogativa dei sacerdoti e dei maghi o di stregoni vari. Per assistere alla nascita della medicina bisogna attendere il greco Ippocrate (460-377 a.C.) che operava sull’isola di Cos, di fronte alle odierne coste turche.

Ma prima di continuare la nostra storia, vorremmo far notare ai nostri lettori come l’alcol contenuto nel vino deve non poco aver contribuito a rendere ulteriormente magica questa bevanda agli occhi dei nostri antenati. Sarà proprio l’alcol ad assumere, come vedremo, un ruolo di primaria importanza nell’evoluzione del rapporto vino/salute a partire dalla fine del 19° secolo.

Nel 1910, nell’antica città sumera di Nippur, oggi nel travagliato territorio iracheno, fu rinvenuta la più antica testimonianza del ruolo svolto dal vino in ambito medico.Si tratta di una tavoletta d’argilla risalente a 2600 anni a.C., dove in caratteri cuneiformi un medico dell’epoca, incide un lungo elenco di sostanze da lasciare in infusione in un vino chiamato «Kushumma».

L’uso di aggiungere sostanze varie al vino (erbe, miele, spezie, ecc.), non era di certo solo prerogativa di quell’epoca, ancora ai giorni nostri lo si fa: Vermouth, Barolo chinato, Retsina greca, tanto per citarvi i più conosciuti. È tra il 1900 e il 1200 a.C. che risalgono molti dei papiri egizi contenenti prescrizioni mediche a base di vino.

Da notare, e sembra quasi un colpo del destino, che uno dei primi geroglifici tradotto da Champollion (1790-1832), che basandosi sullo studio della stele di Rosetta decifrò i caratteri dandone l’interpretazione fonetica, fu AREP, che significa vino. Questi papiri in fondo sono delle ricette farmacologiche «ante litteram», che spesso contengono elementi bizzarri come grasso d’ippopotamo, rane arrostite, occhi di maiale. Ingredienti talmente originali, che alcuni ritengono avessero l’unica funzione di creare misteriosi aloni attorno al mondo dei vini medicamentosi, il tutto per scoraggiare il semplice popolo nel preparare loro stessi questi infusi e proteggere la casta da concorrenti.

La cultura ebraica raccolse e rielaborò in seguito il sapere dell’antico Egitto. A tal proposito nel Libro Sacro del Talmud, possiamo leggere: «Il vino è la principale delle medicine; ovunque manchi il vino si rende necessaria la medicina». Questa citazione dimostra in modo molto chiaro il ruolo del vino come «rimedio universale», in grado di guarire ogni malattia conosciuta.Un’ulteriore testimonianza delle virtù terapeutiche del vino, le ritroviamo sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, in cui troviamo per la prima volta citato il vino in purezza quale rimedio con svariati poteri terapeutici, come ad esempio un possibile antisettico per le ferite.

Poliziano (Vino Nobile di Montepulciano D.O.C.G.)

Nel suo Bacco in Toscana, Francesco Redi (1626-1698) medico e poeta del vino, canta «Montepulciano d’ogni vino il re». Quale miglior regalo quindi per festeggiare la «Festa del papà»? Da anni punto di riferimento per la D.O.C.G. Nobile di Montepulciano, l’Azienda Poliziano ci regala questo importante vino, prodotto con vitigni autoctoni della Toscana; dominati dal «Prugnolo Gentile», troviamo infatti il «Colorino», il «Canaiolo» e un tocco di «Merlot».

Il Nobile di Montepulciano è un vino che ha eleganza da vendere; la zona in cui viene prodotto si trova a ca. 300 m s/m, verso la Val di Chiana. Area questa che gode di un’ottima ventilazione termica che favorisce un microclima adatto in modo particolare ad una viticoltura di qualità. Dal colore rosso intenso e vivo agli occhi, percepiamo note di terra, fiori, frutti croccanti, profumi di macchia mediterranea, note di tabacco e spezie appena fumé, e restiamo meravigliati dall’equilibrio di questo vino. Da abbinare all’agnello al forno, arrosti vari, primi piatti con sughi corposi, un vino insomma per una ricorrenza importante.

 

 

/Davide Comoli